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Roberto Armenia: “Una pittura vibrante che parla della condizione dell’uomo.”

Dal catalogo della mostra alla
Galleria Renzo Cortina di Milano (2005).

 

A pochi mesi dalla sua partecipazione ad una importante rassegna collettiva a Torino ove ha riscosso un forte consenso di critica e di pubblico è la volta di questa mostra personale alla Galleria Renzo Cortina di Milano che consente di valutare appieno le qualità pittoriche di Alberto Beneventi. Il trascorrere del tempo e, insieme, la necessità, o per meglio dire, l’urgenza della partenza da una realtà, da una condizione esistenziale che evidentemente non si amano sono – insieme ad alcuni paesaggi sui quali varrà la pena tornare – i temi al centro di una pittura dal segno vibrante e dai colori carichi di uno straordinario potere emozionale. Una pittura dunque d’impulso ma colta, ricca di citazioni. Taluni paragonano la sua pittura a quella di Mario Schifano ma, come è già stato sottolineato, di Schifano ne ha soltanto la rapidità e la sicurezza del gesto. Il suo è decisamente un altro mondo: altra sublimazione, altra raffinatezza, altra trasognata visione delle cose. Beneventi si cala in atmosfere dove il colore e la forma si compenetrano. Trascina l’osservatore nelle sue visioni e nei suoi sogni con la forza estraniante di chi un cielo se lo crea, cupo o leggero non importa, ma si tratta sempre di un cielo che poco ha a che vedere col vero così come il vero viene comunemente inteso.

Bisogna invece riandare a Chaim Soutine, non a caso l’autore prediletto, per apprezzare una pittura che, anche quando è più convulsa e furente, rimane pur sempre, nella sostanza, figurativa perché parte dalla realtà, dalla contemporaneità, dalla natura, e là ritorna. Se ne ha riscontro nella serie dei paesaggi ove è evidente la sublimazione della natura in paesaggio dell’anima e, dunque, è bandita ogni tentazione narrativa. La realtà c’è, però, comunque. È presente in modo quasi provocatorio ridotta in un angolo del quadro a vecchi casolari abbandonati che si stringono l’un l’altro, icona di una condizione esistenziale. Quanto detto è efficacemente rappresentato nell’opera:“Il cielo, l’orizzonte, il mare. Omaggio agli uomini migranti”. Si potrebbe parlare al riguardo di espressionismo astratto americano, di Marc Rothko. Ma è altra pittura, anche se è evidente la citazione. È pittura figurativa contemporanea. L’occhio che guarda è quello del migrante clandestino sul barcone, di notte, in vista della costa. Sopra e sotto, cielo e mare, sono elementi ostili. In quei momenti, anche se non c’è tempesta, la natura non è mai nè benigna nè consolatrice. La sola speranza risiede in una sottile, offuscata, linea luminosa all’orizzonte. Perché là stanno gli uomini. E solo tra di loro è possibile, se si è fortunati, trovare un pò di conforto e solidarietà. In altro, comunque, ora come sempre, non si può sperare.